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Saluto dell’Ambasciatore di Grecia Themistoklis Demiris

Quanto vive una lingua? Quando si spegne una civiltà? Quando scompare una comunità?

Essendo creati da esseri umani, ma anche avendo creato esseri umani, forse si applica per loro ciò che si applica agli esseri umani?

Negli esseri umani, la fine, naturale, oppure inaspettata, è sempre inevitabile. Lingue, culture e comunità sono anche loro minacciate da una morte, naturale o violenta. Ma non si può definire facilmente per queste l'aspettativa di vita. Possono durare per un po' e scomparire, insieme con le persone che le hanno create, o poco dopo, senza lasciare alcuna traccia. Ma possono anche esistere, fiorire, creare, influenzare a lungo. Possono sorprendere per la loro durata. Mentre pensi che stanno morendo, possono rinascere, rinnovarsi, adattarsi. È questa capacità che, alla fine, definisce il loro valore.

Che cosa, di tutto questo, accade con la lingua, la cultura e le comunità dei greci ed ellenofoni di Calabria e di Puglia? Sono ancora qualcosa di vivo? Possono ancora creare ? Per quanto ancora possono resistere?

La risposta non è facile. Perché anche se l'epoca contemporanea, le strategie dell' assimilazione, la paura dell' "altro", ma anche le esigenze del mercato, non sono favorevoli alla diversità, allo stesso tempo, tuttavia, si moltiplicano le voci, ma anche i mezzi, per invertire questa tendenza.

Greci ed ellenofoni del sud d'Italia per secoli hanno dimostrato che sanno creare cultura. Sanno adattarsi. Sanno resistere. La loro presenza è legata alla mitologia e alla storia greca di tutti i tempi: Con Minosse e Dedalo e gli sforzi per farli tornare a Creta. Con il padre della storia, Erodoto, che li annovera nelle sue storie. Con la Magna Grecia e Tucidide che descrive le alleanze locali nella guerra del Peloponneso.

Ma sono anche legati, forse principalmente, con l'Impero bizantino greco-ortodosso. Con Basilio il primo, che ha espulso gli Arabi e Longobardi dalla zona. Con i soldati bizantini che hanno deciso di rimanere nel Sud l'Italia. Con il monachesimo greco, che fiorì là. Con le persecuzioni iconoclaste che hanno portato alla regione ancora più gente che parlava greco. Con l'imperatore Niceforo, che ha ordinato di sostituire il rito cattolico della messa con il rito greco. Manoscritti, affreschi, tombe della regione sono in collegamento diretto con Costantinopoli e Cappadocia.

Ma più tardi arriverà il declino. Molti greci continueranno ad arrivare, per sfuggire ai turchi, ma la struttura di potere della Chiesa Cattolica di Roma, l'evoluzione naturale stessa, non favoriscono più gli isolotti greco-ortodossi . Poco a poco, nella maggior parte delle loro zone, la lingua dei greci non si scrive, solo si parla, e gradualmente viene parlata sempre da meno persone . L'unificazione d'Italia ha avuto, naturalmente, come risultato, l' intensificazione degli sforzi per l'integrazione linguistica e culturale. Le scuole hanno funzionato e permesso di apprendere una lingua e, necessariamente, dimenticarne un'altra. Ma , verso la fine del 1800 e l'inizio del 1900, si comincia a capire la ricchezza e l'importanza del linguaggio, delle tradizioni, della cultura degli ellenofoni del sud dell'Italia. Le scoprono e le promuovono viaggiatori stranieri ed etnologi e studiosi illuminati della regione stessa , ma, anche, scienziati e poeti greci, che scoprono fratelli e cugini lontani e si commuovono con i frammenti di un passato comune che ancora può unire.

Ma nel frattempo la povertà e l'emigrazione continuavano a cacciare la gente dai loro paesi.

Oggi sono rimaste 12 comunità in Calabria e 9 in Puglia, ufficialmente riconosciute come comunità ellenofone, appartenenti ad un' area di Minoranza di antico insediamento in Italia. Ma anche lì, sempre meno persone e sempre più anziane, sono quelle che parlano la lingua.

Però, per fortuna, il mondo intorno a loro sta cambiando. Ora, possiamo capire meglio e onorare un percorso storico che è parte di noi tutti, e può gettare una nuova luce sugli sviluppi e fenomeni di oggi, a livello locale e globale.

Siamo in grado di godere di più la creazione, l'arte, i costumi e le tradizioni, la musica di queste aree, che, proprio perché hanno seguito un percorso particolare, hanno un valore particolare. Ed in più, possiamo lavorare con più mezzi per salvarli.

Sarà un peccato, se i nuovi concetti che stanno per essere stabiliti dall'Unione Europea e dalla comunità internazionale in generale, sull'importanza e la protezione delle culture, delle lingue e delle comunità che lottano per sopravvivere, non saranno usati per servire queste comunità. Sarà un peccato, se il potenziale delle nuove tecnologie non sarà pienamente utilizzato, a beneficio di queste comunità di "italiani dell' altrove", che sono per noi, anche "greci dell' altrove e di un altro tempo".

Perché, per noi, greci dalla Grecia, non si tratta solo di ... alcune comunità in un paese amico e vicino. Queste comunità sono i nostri ricordi di un passato, a volte glorioso e grandioso, a volte semplice e umile, ma sempre nostro, che insieme l'abbiamo formato, ma anche ci ha formati. È la prova di una continuità che possiamo toccare, sentire, vedere, degustare. È, forse, l'anello più diretto e più umano nella catena di coloro che ci uniscono con l'Italia. Si tratta di una testimonianza , ancora vivente, della resistenza per secoli di un'isola, contro gli attriti e le usure che portano costantemente le onde del potere sovrano. È il simbolo dell' insistenza alla riproduzione, contro corrente e contro ogni previsione. Della fede alla sopravvivenza dei deboli, che credono al proprio valore.

Forse per tutto questo, musicisti, poeti, registi, giornalisti e migliaia di altri greci, di ogni classe, si sono impegnati con amore e rispetto, con queste comunità. Inoltre, migliaia di persone le hanno visitate e molte canzoni e melodie di paesi ellenofoni sono recentemente entrate nel nostro subconscio artistico collettivo.

Però, apprezzare il valore, rispettare il passato di una comunità, o godere la sua arte, è bello, può essere anche utile, molto utile, ma da solo, non basta. Non è sufficiente per garantire la sua sopravvivenza. Una sopravvivenza, non come un pezzo da museo , non come una istruttiva curiosità, neppure come una memoria collettiva. Ma come qualcosa di più. Come comunità, come lingua, come civiltà, che continuano a vivere e creare.

Per raggiungere questo obiettivo, l' apprezzamento, o anche l' ammirazione, non bastano . Ci sarà bisogno di uno sforzo concertato. Naturalmente delle stesse comunità ellenofone e delle strutture competenti in Italia e in Grecia, ma soprattutto di tutti quelli, sensibili e risoluti, che capiscono che, se alcuni organismi muoiono, se alcune luci si spengono, se alcuni gruppi scompaiono, tutti diventiamo più poveri.

Quanto vive una lingua? Quando si spegne una civiltà? Quando scompare una comunità?

Ormai lo sappiamo: la loro aspettativa di vita, dipende principalmente dall'attitudine e dall'impegno nei loro confronti da parte di tutti noi. Quindi, affinché, specialmente questa lingua viva, specialmente questa cultura non si spenga, specialmente queste comunità non scompaiano, dobbiamo tutti in Grecia e in Italia iniziare a pensare più intensamente, non tanto al loro passato, ma al loro futuro. Perché forse questo rappresenta per loro, l'unica speranza per averne veramente uno.

Roma 20 novembre 2015

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