Alle origini del Museo
Nel 1906 l'etnologo Lamberto Loria, grazie ai finanziamenti del mecenate fiorentino Giovannangelo Bastogi, fondò a Firenze il Museo di Etnografia, in Borgo San Jacopo 19. Loria si avvalse della collaborazione di eminenti studiosi: Aldobrandino Mochi, che diverrà condirettore del Museo, Alessandro D'Ancona, Francesco Baldasseroni, Angelo De Gubernatis, Paolo Mantegazza - ideatore nella stessa città del Museo Psicologico (1891) - Giuseppe Pitré - responsabile del Museo Etnografico di Palermo.
La necessità di raccogliere e tutelare i documenti etnografici italiani in un'apposita sede era già stata avvertita da Luigi Pigorini, direttore del Regio Museo Preistorico-Etnografico situato nella sede del Collegio Romano. In una relazione inviata nel 1881 al Ministero della Pubblica Istruzione, Pigorini richiedeva spazi per allestire una nuova sezione del Museo che avrebbe dovuto "comprendere ciò che hanno tuttora di speciale le nostre popolazioni campagnole nelle industrie, negli utensili ed ornamenti, nelle fogge degli abiti", ma la sua richiesta non venne accolta.
Il Museo di Etnografia fondato da Loria espose inizialmente circa duemila oggetti di cultura popolare, il nucleo originale della collezione, raccolti agli inizi del 1900 da Mochi e dallo stesso Loria e destinati presto ad aumentare, come dimostrano i cinquemila oggetti presenti nel 1908 che costringeranno Loria al trasferimento del Museo nella sede fiorentina di Via Colletta 2.
La collezione era di estremo interesse tanto che Ferdinando Martini, allora Ministro della Pubblica Istruzione e vice presidente del Comitato per l'Esposizione Internazionale, che si sarebbe tenuta nel 1911 per celebrare il cinquantenario dell'unità d'Italia, aveva proposto a Loria, già nel 1906, di trasformare il Museo in Mostra Etnografica in occasione delle celebrazioni garantendogli, alla chiusura dell'esposizione, la realizzazione del Museo Nazionale di Etnografia Italiana posto sotto la tutela dello Stato. Tale esposizione sarebbe stata, quindi, la premessa per la sistemazione definitiva della importante collezione etnografica a Firenze.
Il museo fiorentino raccoglieva categorie di oggetti e documenti riferiti agli usi popolari italiani, caratteristici delle diverse regioni ed era solo parte di un più vasto programma culturale e cognitivo, che prevedeva un'indagine rigorosa sulla diversità delle usanze e dei costumi, delle espressioni di pratiche tradizionali, dei vari aspetti della ritualità magica e religiosa localizzabili nel tempo e nello spazio.
L'elenco degli oggetti e dei documenti, ordinati per categorie, che appare nell'opuscolo pubblicato nel 1906 destinato a far conoscere l'utilità e il programma del nuovo Museo, è illuminante per la quantità di preziose informazioni che offre, permettendo la ricostruzione dei riferimenti entro cui operava Loria. Si pensi alla cosiddetta scuola fiorentina, nata intorno alla prima cattedra di Antropologia affidata nel 1869 a Paolo Mantegazza.
Mantegazza aveva individuato nella dimensione culturale il motore dell'agire umano e l'uso del concetto antropologico di "cultura" che comprendeva i documenti etnografici, "demopsicologici" o folklorici siano essi raccolte di novelle, leggende, proverbi, dizionari, grammatiche, testi ecclesiastici, incisioni di musica e canti, fotografie o altre immagini di scene e di costumi, modelli di case, barche, veicoli, strumenti agricoli e industriali, ceramiche, utensili domestici, prodotti artistici. Idee che coincidono con quanto espresso nel 1871 dall'antropologo britannico Edward Burnett Tylor che, indicando l'antropologia come lo studio "della cultura o civiltà", aveva definito la cultura un complesso di "conoscenze, credenze, arte, morale, diritti, usanze, e tutte le altre capacità o abitudini acquisite dall'uomo in quanto membro della società".