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Foto: E. De Simoni (29 aprile 2006). Archivio Fotografico dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia Foto: E. De Simoni (29 aprile 2006). Archivio Fotografico dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

San Leo a San Martino in Pensilis

Carrese

29-30 APRILE - 2 MAGGIO

San Leo

La leggenda di Leo, risalente presumibilmente al secolo XII, è riportata nell'opera di Giovanni Andrea Tria Memorie storiche, civili ed ecclesiastiche della città e diocesi di Larino, un importante testo di riferimento per la storia e le tradizioni non soltanto di Larino ma anche di altri luoghi compresi tra la Capitanata e il Contado di Molise: «Come pure si prattica la detta corsa de' Buoi con carri in S. Martino, Terra della medesima Diocesi nella Vigilia della Festa del nostro Glorioso S. Leo Confessore, in memoria anche della solenne traslazione del di lui S. Corpo, fatta dalla Chiesa del suo Monastero di S. Felice, nella Parrocchiale, sotto il titolo di S. Maria, e si conserva, e venera questo S. Corpo al presente nella Chiesa Arcipretale di essa Terra, sotto il titolo di S. Pietro, fattane da noi traslazione fin dall'anno 1728...».

La corsa dei buoi è citata anche da Giambattista Masciotta, nell'opera Il Molise dalle origini ai nostri giorni: «Il protettore del Comune è S. Leone dei benedettini, che per tradizione vuolsi concittadino, e la cui festa è celebrata il 2 maggio con la caratteristica corsa dei buoi» .

Secondo il racconto, Leo, monaco benedettino nel monastero di San Felice, nasce a Cliternia, intorno all'anno Mille, e opera numerosi miracoli. Dopo la morte viene sepolto sotto l'altare del convento di San Felice, che, a causa di guerre e terremoti, è abbandonato dai monaci e cade in rovina. Il corpo del santo, scoperto da Roberto Normanno, conte di Loritello tra il 1154 e il 1182, viene trasportato su un carro trainato da buoi nella chiesa di Santa Maria in Pensili. Il 2 maggio del 1728 le ossa di San Leo vengono trasferite nella chiesa di San Pietro Apostolo.

Più semplicemente, in base alla tradizione locale, i resti di San Leo, miracolosamente ritrovati in un bosco, sono contesi dai signori di vari paesi. Per risolvere la controversia, si pongono le reliquie su un carro trainato da una coppia di buoi, che giungono infine a San Martino in Pensilis, manifestando in tal modo la scelta del santo.

La Carrese di San Martino in Pensilis

Carrese, 1964, inv. 105067

La festa patronale in onore di San Leo a San Martino in Pensilis (Campobasso) rientra nel ciclo delle feste primaverili ed è caratterizzata dalla Carrese, una corsa di carri trainati da buoi, improntata su un forte agonismo e gestita da gruppi maschili. La Carrese è profondamente radicata presso i sanmartinesi ed è vissuta con grande partecipazione, tanto da dar luogo a contese e discussioni, non solo nel giorno dell'evento, ma anche nell'attesa, creando spesso divisioni all'interno della popolazione, determinate dall'appartenenza alle fazioni.

Durante tutto l'anno i rappresentanti dei carri sono impegnati nella scelta e nella preparazione di animali e cavalieri, verso la metà di marzo iniziano gli allenamenti. I buoi della Carrese non sono animali da lavoro, ma vengono allevati e addestrati soltanto per la corsa, come sottolinea anche il Regolamento Comunale della manifestazione: «È fatto obbligo al "carro" che partecipa alla Carrese di presentare, alla corsa dei carri del giorno trenta del mese di Aprile, buoi idonei alla corsa, in quanto a selezione della razza ed in quanto ad allenamento che non può essere inferiore a sessanta giorni computati dal trenta Aprile».

La gestione dei carri richiede un grande impegno economico, al quale contribuiscono soltanto in parte il comune e la regione, e i responsabili affrontano anche costi altissimi con la speranza di ottenere la vittoria. La Carrese prevede in genere due partiti (talvolta tre) contrassegnati dai rispettivi colori: il bianco-celeste per i Giovani, il giallo-rosso per i Giovanotti. Dal 2007 partecipa alla corsa anche il carro dei Giovanissimi con il colore giallo-verde. I protagonisti della corsa sono: i carrieri, i cavalieri, i catenieri, che precedono i buoi aggiogati e li guidano con una fune, e tutte le persone impegnate durante la partenza e il cambio degli animali.

La misura

Nel pomeriggio del 29 aprile ha luogo la "misura", che segna le posizioni di partenza dei carri: «I componenti i "carri" che prendono parte alla Carrese nel pomeriggio del giorno ventinove del mese di Aprile devono recarsi sul luogo denominato "bufalara", presso la masseria Macrellino, al fine della distanza di un "carro" dall'altro, che deve essere di metri venticinque. Constatata la distanza, vengono tracciate sulla strada delle linee di vernice color bianco, che indicano la posizione di partenza di ogni "carro" da raggiungere il giorno del trenta Aprile».

Queste attività sono già accompagnate da espressioni di intensa tifoseria da parte delle fazioni, espressioni che caratterizzeranno tutto lo svolgimento della festa fino alla conclusione della gara. La sera dello stesso giorno vengono fatti esplodere a mano fuochi pirotecnici e petardi. Le vie sono invase dal fumo e dagli scoppi, la confusione e il frastuono sembrano costituire una buona occasione di sfogo per l'eccitazione della vigilia.

A questo caos fa da contrappunto la devota intonazione del canto in onore di San Leo, poiché i festeggiamenti e la gara non sono disgiunti da forti elementi religiosi: «Non deve credersi che in queste celebrazioni la corsa sia una forma di festosità slegata dal culto del santo, e sostituibile con altre forme qualsiasi, come pur avviene in molti casi. Si tratta invece di elementi insopprimibili del culto popolare del santo. A San Martino in Pensilis, infatti, alla vigilia della corsa i partecipanti si recano alla porta della chiesa per "laudare", e cioè per cantare un inno, nel quale il santo patrono si trova ad essere esaltato e onorato assieme alla "primavera che ci rinnova il mondo"; e la corsa in sé è legata alla pia leggenda del miracoloso ritrovamento delle reliquie, e dei buoi che trasportandole, si arrestarono a San Martino prescegliendolo così tra altri paesi contendenti».

Il canto

Queste celebrazioni collegate alla rinascita primaverile sono dunque accompagnate da canti popolari, eseguiti in determinate fasi della festa, la carrese di San Martino in Pensilis è un canto monodico maschile di tradizione orale. In proposito è interessante ricordare le considerazioni di Diego Carpitella, in base alle quali vi sarebbe una affinità «tra i canti che vengono eseguiti a San Martino in Pensilis dinanzi alle porte della chiesa, la sera prima della corsa dei carri, e i canti dei carrettieri siciliani. Lo stesso tipo di voce "strozzata", la quale non è, in genere, molto frequente nei canti dialettali molisani». Lo studioso prosegue chiedendosi quale sia l'origine di questi canti, che presentano analogie anche con quelli dei carrettieri salentini, e si domanda se esista, più semplicemente, un comune denominatore tra i canti dei carrettieri.

La carrese viene intonata dai rappresentanti dei carri nella tarda serata del 29 aprile: «i componenti i "carri", partendo dal luogo in cui hanno fissato la propria sede, procedono verso la Chiesa Madre di San Pietro Apostolo, in cui sono custodite le reliquie del Santo Patrono, sparando fuochi d'artificio. Giunti nei pressi della Chiesa, presso la porta principale, viene intonata, in onore di SAN LEO, la "CARRESE" con l'accompagnamento di chitarre acustiche». Inoltre è eseguita nel pomeriggio del primo maggio, quando il carro vincitore percorre le strade del paese, e il 2 maggio, prima della processione in onore di San Leo.

Il percorso

La Carrese inizia il 30 aprile, con la benedizione dei buoi e dei carri davanti alla chiesa di San Pietro Apostolo. La scalinata della chiesa e la piazza sono affollate dai rappresentanti delle opposte tifoserie, contraddistinti dai rispettivi colori. Successivamente i carri si avviano al passo lungo la via Marina, seguendo il tratturo, fino al luogo in cui è stabilita la partenza: la masseria Macrellino.

Secondo il regolamento il carro, che porta tre uomini, deve essere trainato da due buoi e composto complessivamente da venti cavalieri, la maggioranza dei quali rappresentativi di San Martino in Pensilis, per nascita o residenza, a sottolineare il carattere strettamente locale della manifestazione e il valore identitario nell'ambito della comunità: «con una quota massima di forestieri non superiore al venti per cento e da un numero massimo di tre "carrieri". Non sono forestieri i nati in San Martino in Pensilis, i residenti in San Martino in Pensilis. Dall'anno 2008 i cavalieri considerati residenti dovranno esserlo almeno da due anni ad eccezione di quelli che hanno già partecipato in qualità di residenti nella Carrese del 2007».

La prima posizione spetta al carro che ha vinto l'anno precedente. Quando i carri hanno assunto la posizione idonea, il sindaco grida "Girate!" e spara un colpo di pistola. I carri, con i buoi prima rivolti verso il mare, vengono subito girati e inizia la competizione. A causa della difficoltà e della lunghezza del percorso, circa otto chilometri e mezzo, è necessario sostituire gli animali stanchi. Dopo quattro chilometri di corsa si procede dunque, in pochissimi minuti, alla delicata operazione del cambio, "svict". Effettuato lo sgancio, il carro viene portato a mano fino al luogo dove i buoi freschi sono pronti per essere aggiogati.

La corsa continua, dal percorso esterno all'abitato fino alle strade del paese. Superata la durissima prova della salita della Croce, si torna dunque lungo la via Marina. Vince il carro che per primo oltrepassa l'Arco di Porta San Martino, raggiungendo così la Chiesa di San Pietro Apostolo. Al termine della gara i vincitori vengono festeggiati dai sostenitori. Il carro vincitore «ha il diritto di compiere il "giro del paese" esprimendo il trionfo per aver conquistato il privilegio di portare il busto sacro di SAN LEO nella processione del due di Maggio. Esso deve essere accompagnato da apposita banda musicale ed un unico "carro" ha la facoltà di far suonare il motivo "PIAVE"».

Nel pomeriggio del primo maggio i carri "vestiti", cioè addobbati, procedono fino alla chiesa, dove ricevono la benedizione. Il 2 maggio il carro vincitore ha il privilegio di condurre, durante la processione, il busto di San Leo, accompagnato dal parroco. Dietro il carro viene portata, a spalla, la statua del santo, gli altri carri «partecipanti alla Carrese precedono a loro volta il primo "carro" seguendo in senso inverso il risultato della corsa. La processione in onore e lode di SAN LEO è il culmine e rappresenta la conclusione della Carrese di San Martino in Pensilis, in cui tutto il popolo si ritrova e si riconosce nei valori propri del Santo e da essi prende forza ed ispirazione».

Carri trainati da buoi

Animale imponente e laborioso il bue, nella profezia di Isaia "conosce il proprietario", cioè Dio. Nella rappresentazione presepiale giace accanto alla culla di Gesù, inoltre è simbolo di sacrificio, associato nell'iconografia a Luca, che inizia il suo vangelo proprio nel tempio dedicato ai riti pagani. Figura non soltanto sacra, ma fondamentale per il lavoro e la sopravvivenza, come la descrive Ovidio: «quid meruere boves, animal sine fraude dolisque, / innocuum, simplex, natum tolerare labores? / inmemor est demum nec frugum munere dignus, / qui potuit curvi dempto modo pondere aratri / ruricolam mactare suum, qui trita labore / illa, quibus totiens durum renovaverat arvum, / quot dederat messes».

Nella religione romana i bovini sono le vittime di un rito sacrificale d'origine orientale, eseguito con scopi rigenerativi, il Taurobolium, una sorta di battesimo cruento. L'animale, ornato e inghirlandato, viene collocato in una struttura dal fondo perforato, posta sul sacerdote o fedele, in modo che, dopo l'uccisione, il sangue sgorghi copioso sulla persona, purificandola in eterno o per un periodo determinato.

L'impiego di carri trainati da bovini nelle cerimonie religiose è testimoniato in molte tradizioni italiane, non solo nell'area meridionale, in particolare in Sardegna , ma anche nel nord Italia, ad esempio in Piemonte . La connotazione agricola del Molise fa si che in questa regione siano particolarmente diffuse rappresentazioni festive collegate al mondo contadino e agli animali.

Tra le principali feste , comprese tra aprile e luglio, che vedono come protagonisti i bovini, si possono citare, oltre la corsa di San Martino in Pensilis, le corse nei paesi di origine arbëresh: il 3 maggio, per il Santo Legno della Croce, a Ururi; il lunedi successivo alla Pentecoste, per la Madonna di Costantinopoli, a Portocannone; il 22 aprile, per San Giorgio, nella confinante Chieuti, in territorio foggiano. Ricordiamo inoltre le sfilate di carri: per San Pardo a Larino; per Sant'Anna a Jelsi; per Sant'Antonio di Padova a Santa Croce di Magliano, Montecilfone (di origine arbëresh), Palata (in passato con parte della popolazione di origine croata) e Lupara.

Oltre Bojano, altri paesi molisani derivano il loro nome da questi animali e in numerose chiese del Molise si trovano scolpite teste di bue o di toro, come ricorda Alberto M. Cirese: «Esiste in effetti un certo numero di chiese che portano effigiate teste o profili di bue. Il parroco di Ferrazzano ne indicava sei; la settima, che egli diceva non essergli nota, era forse anche al suo tempo la Abbazia di Santa Maria di Canneto nel territorio di Roccavivara, attorno alla quale aleggia oggi la medesima leggenda, e che è ritenuta, assieme a Santa Maria della Strada , uno dei più antichi monumenti medievali della regione».

Il Ver Sacrum

Spesso, secondo alcune leggende di fondazione, non soltanto molisane, le reliquie dei santi giungono miracolosamente nei paesi su carri trainati da buoi. Lo stesso territorio dei Sanniti sarebbe stato popolato da giovani guidati da un bue, durante il Ver Sacrum, l'allontanamento dai luoghi d'origine per fondare nuove colonie, così descritto da Lorenzo Giustiniani: «L'atto di religione che dagl'Itali primitivi si reputava più meritorio da rimuovere le pubbliche calamità era il Ver sacrum, ossia la solenne promessa di sacrificare agli Dei ciò che nasceva nel corso di una primavera. I pargoletti che ne facean parte, non erano esclusi se non a patto di viver nei tempj fino all'età di vent'anni , e poscia di andare in cerca di un asilo sotto la protezione di quella Divinità, cui erano consacrati. Ciò diede cominciamento alla diramazione di frequenti colonie, che ora colle armi ed ora coi patti gittarono le basi di nuove società, le quali, attirando da giorno in giorno altra gente col favor della consacrazione, pervennero da piccioli elementi a costituire corpi sociali più o meno possenti».

Testo e adattamento: E. De Simoni (tratto da Feste e Riti)


Foto: E. De Simoni e D. D'Alessandro (29 e 30 aprile 2006)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

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