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Sant'Antonio Abate. Foto: D. D’Alessandro, (16 gennaio 2008), Archivio Fotografico dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia Sant'Antonio Abate. Foto: D. D’Alessandro, (16 gennaio 2008), Archivio Fotografico dell’Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

Sant'Antonio Abate a Colli a Volturno

16 GENNAIO

Sant'Antonio Abate

Antonio, eremita egiziano, vissuto tra il III e il IV secolo, viene considerato tra i principali fondatori del monachesimo orientale. Dopo aver rinunciato ai propri beni, conduce una vita di povertà e preghiera, alla ricerca della completa purificazione. Affronta i tormenti e le innumerevoli tentazioni del diavolo, pertanto gli viene riconosciuto il potere di guarire gli indemoniati.

Il tema delle sfide di Satana al santo caratterizza tutti i racconti agiografici ed è ampiamente trattato nella Legenda Aurea: «Antonius cum XX esset annorum et audiret legi in ecclesia: "Si vis perfectus esse, vade et vende omnia, quae habes, et da pauperibus", omnia sua vendens, pauperibus erogavit et eremiticam vitam duxit. Vir innumerabilia daemonum tentamenta sustinuit. [...] Qui cum ibi ex dolore vulnerum prostratus iaceret, ex virtute animi ad conflictum daemones excitabat. Tunc illi in formis variis ferarum apparuerunt et eum iterum dentibus, cornibus et unguibus crudelissime laceraverunt. Tunc subito splendor mirabilis ibi apparuit et daemones cunctos fugavit. Antonius autem continuo sanatus est».

Antonio è inoltre ritenuto protettore degli animali domestici ed è invocato contro l'herpes zoster, comunemente detto "fuoco di Sant'Antonio" o "fuoco sacro", termine che nel medioevo indica in particolare l'ergotismo. L'associazione del santo con il fuoco, ascrivibile agiograficamente al suo rapporto con il diavolo e le fiamme infernali, è espressa nell'uso di accendere falò in occasione della sua ricorrenza, uso diffuso in Molise e in molte località italiane, che rievoca antichi rituali di purificazione e di passaggio dall'inverno alla primavera.

La festa di Sant'Antonio Abate a Colli a Volturno

La vigilia della festa di Sant'Antonio Abate gruppi di giovani, vestiti da monaci, percorrono le strade di Colli a Volturno (Isernia) e delle frazioni, visitando case e negozi per ricevere offerte. Si rievoca in tal modo la questua o "cerca", praticata dagli Ordini Mendicanti e dagli Antoniani. In tempi di miseria la questua, nel periodo di macellazione del maiale, costituiva, per i più poveri, un modo per ottenere cibo. Ogni gruppo comprende, in genere, tredici persone, una delle quali rappresenta il santo, con una tunica bianca e il bastone da eremita. Il santo cavalca un asino. I giovani, accompagnati da tamburi, fisarmoniche e organetti, intonano il canto, che prevede il saluto ai padroni di casa, alcuni riferimenti agiografici (povertà, sofferenze, tentazioni etc.), la richiesta di offerte e il congedo.

 Sant'Antonio Abate (foto fornita da Domenico Marzullo)

Immagine tratta dall'articolo di Antonietta Caccia e Mauro Gioielli: Tradizioni musicali per il Sant'Antonio Abate nella valle dell'alto Volturno, "Utriculus", VI, n. 1 (21), gennaio-marzo 1997, pp. 4-10.

La festa di Sant'Antonio Abate segna l'inizio del carnevale e la rappresentazione dedicata al santo, oltre ad essere rievocativa degli aspetti esemplari della sua vita, contiene tratti carnevaleschi, espressi nel mascheramento, nell'allegria dei recitanti e nelle parole del canto. Il testo costituisce una traccia, dalla quale si riprendono le parti principali relative al saluto, ai ritornelli e al congedo, mentre le strofe vengono adattate dal cantore alla varie situazioni degli ospitanti, con riferimento agli eventuali doni che si potranno ricevere. Le questue, con canti, tamburi e tamburelli, vengono effettuate anche da squadre di bambini, vestiti con un saio e muniti di un bastone a forma di croce, recante l'immaginetta del santo.

Fondamentale è il contributo dei giovani nella riattualizzazione della festa, già riproposta dalla Confraternita di Sant'Antonio e in seguito da associazioni giovanili. La rappresentazione itinerante dei gruppi diviene occasione di apprendimento della tradizione non soltanto attraverso l'ampia partecipazione di ragazzi e bambini, ma anche con le visite nelle scuole dei più piccoli. Mentre i gruppi eseguono le questue, si prepara il fuoco per la sera. Dopo l'accensione e la benedizione del parroco, si festeggia intorno al grande falò, dinnanzi alla struttura allestita per la cena collettiva. Durante la serata, su un piccolo palcoscenico, alcuni giovani rievocano la vita del santo con esibizioni teatrali e canore.

Testo e adattamento: E. De Simoni (tratto da Patrimonio immateriale del Molise)


Foto: D. D'Alessandro (16 gennaio 2008)
Archivio Fotografico dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia

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