1° aprile 2016
A Milano, presso le Gallerie d'Italia di Piazza della Scala, dal 1 aprile al 17 luglio 2016, nella mostra conclusiva delle opere restaurate nel biennio 2014/2015 "Restituzioni. Tesori d'arte restaurati", il programma di restauri del patrimonio artistico pubblico, curato e promosso da Intesa Sanpaolo, saranno esposti tre costumi della Commedia dell'Arte risalenti agli inizi del sec. XX. provenienti dalle collezioni del Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari. I costumi, selezionati fra i circa 100 presenti nelle
http://www.restituzioni.com/opere/tre-costumi-della-commedia-dellarte-arlecchina-cantatrice-magnifico/
Scheda breve
I tre costumi teatrali, espressione della Commedia dell'Arte italiana, appartengono al vasto repertorio di maschere italiane – oltre cento costumi completi – dell'Istituto Centrale per la Demoetnoantropologia, già Museo Nazionale delle Arti e Tradizioni Popolari. L'insieme fu selezionato per la Mostra di Etnografia Italiana del 1911, l'esposizione che si tenne a Roma, in piazza d'Armi, odierno quartiere Prati, per celebrare il cinquantenario dell'Unità d'Italia. Le maschere erano ospitate proprio nel palazzo delle Maschere e dei Costumi, un edificio effimero classicheggiante, opera dell'architetto Marcello Piacentini. L'intera collezione delle maschere fu esposta solo in quella occasione: piace pensare che i tre costumi oggi restaurati, Arlecchina, la Cantatrice e il Magnifico siano il primo risultato di un programma conservativo organico, che richiederà anni.
Fu Lamberto Loria, grande etnografo e curatore di tutta l'Esposizione Etnografica, a volere documentare e rappresentare l'universo della maschera della Commedia dell'Arte, affidandone, nel 1909, la ricerca all'erudito piemontese Alessandro Roccavilla. Poiché al principio del Novecento, ormai, la Commedia dell'Arte, vanto della tradizione comica teatrale italiana, era spenta da lungo tempo, e il reperimento sul campo si rivelava arduo, si decise di riprodurre, sulla base di una attenta indagine storico-iconografica, molti dei costumi ricercati, incaricandone la sartoria teatrale di Adolfo Caucino, di Biella. Arlecchina e la Cantatrice, ad esempio, sono citazioni testuali delle omologhe incisioni che corredavano il libro di Maurice Sand, Masques et Bouffons, del 1862. Il Magnifico, invece, antenato dell'avaro mercante Pantalone, si ispira alla ritrattistica veneziana del XVI secolo.
In tutti e tre i casi, una lunga esposizione nella vetrina del museo aveva gravemente compromesso i colori delle stoffe, rendendole fragili e disidratate. Come scelta metodologica di fondo, si è inteso privilegiare, trattandosi di costumi teatrali pensati e realizzati per un'esposizione e non per un utilizzo scenico, il recupero dell'aspetto generale, luminoso, sontuoso finanche, delle maschere. Si è proceduto dunque allo smontaggio dei vecchi restauri, se presenti, a rinforzare le parti fragili e infine a integrare le parti mancanti con riproduzioni attuali facilmente riconoscibili. Nel caso di Arlecchina, poi, si è deciso – stante la notevole differenza cromatica tra le parti anteriori colpite dalla luce e il retro – di riprodurre le toppe in seta, tingendole del colore cercato, e sovrapponendole a quelle originali, che dunque accompagnano, come documenti storici sottostanti, l'abito. Oggi Arlecchina, la Cantatrice e il Magnifico aprono le danze: tre figure del passato ci rallegrano nei colori ritrovati, in attesa di riavere la voce e ritrovare i salti, i balzi e gli sberleffi che dovevano animarle un tempo.