#LACULTURANONSIFERMA Le parole chiave del patrimonio im-materiale: Conservazione e restauro dei beni demoetnoantropologici (a cura di Anna Sicurezza)
Preservare la testimonianza delle culture popolari europee ed extra-europee presenta in parte dei punti di affinità con le problematiche conservative delle altre tipologie di beni culturali, e in particolare dell’arte contemporanea: i materiali tangibili costitutivi dei beni DEA sono estremamente vari, e richiedono quindi approfondite competenze in più ambiti specialistici del restauro. Si spazia dal tessuto alla ceramica, dal legno alla cartapesta, dal metallo alla plastica, dai materiali lapidei a quelli organici, spesso compresenti a un livello di complessa polimatericità. Si pensi ad esempio ai costumi popolari, agli attrezzi da lavoro, agli arredi domestici, agli strumenti musicali, alle oreficerie, agli ex-voto in cera o dipinti, ai burattini, alle figure presepiali, alle maschere rituali, ai pali totemici. La tipologia di beni DEA materiali che si possono incontrare tanto nella ricerca sul campo quanto in un museo etnografico è vastissima.
Come per ogni altro settore dei beni culturali, la conservazione preventiva e la manutenzione programmata sono i valori primari cui far riferimento prima di giungere a un vero e proprio restauro.
L’ambito DEA richiede la costruzione di una precisa metodologia, che tenga conto della specifica natura di tali beni. L’inserimento del patrimonio culturale etnografico nel campo della tutela costringe ad ampliare la teoria e la prassi del restauro critico. In un bene DEA l’aspetto estetico non è prevalente; oltre alla materia e alla forma dell’oggetto, si deve tenere principalmente conto della sua funzione, del suo significato simbolico e delle tecniche corporali che vi vengono applicate nel suo contesto culturale. La preminenza della funzione sulla materia e sulla forma è un elemento essenziale della cultura materiale ed è testimoniata dall’uso reale degli oggetti rilevati sul campo; è alla luce di tale presupposto che si deve agire anche nel momento di un intervento conservativo.
Bisogna inoltre sottolineare il ruolo di fondo degli aspetti immateriali, che concorrono a definire l’interesse culturale di un bene DEA e che non possono venire né conservati né restaurati, ma documentati e valorizzati. Come preservare dunque i beni DEA immateriali nella loro complessa varietà di danze, musiche, canti, rituali, feste, tradizioni orali narrative? La salvaguardia del patrimonio culturale immateriale può avvenire in primo luogo attraverso la ricerca sul campo, la realizzazione di documentazioni audiovisive e la loro corretta archiviazione, catalogazione e, di nuovo, opportuna conservazione grazie a restauratori specializzati.
In secondo luogo, un modo per preservare un bene immateriale è quello di tutelare e valorizzare i beni materiali ad esso correlati (ad esempio le bandiere di Siena adoperate dagli sbandieratori durante il Palio). Anche in quest’ultimo ambito il restauratore è chiamato ad intervenire.
Un caso interessante da richiamare è quello della corsa dei Ceri che si tiene a Gubbio ogni 15 di maggio e che vede una forte partecipazione corale da parte della comunità eugubina. I Ceri rappresentano lo strumento tangibile di una più ampia cultura immateriale e come tali vanno tutelati.
Gli stessi Ceri di fine Ottocento che ancora oggi corrono durante la festa sono stati oggetto di un intervento locale di restauro. Si tratta di beni in uso, che spesso durante la corsa cadono e si danneggiano. Le macchine a spalla, sorrette dai Ceraioli, vengono usate e usurate nella festa; per quanto si voglia preservarne la materia e la forma, questa è la loro funzione. Il restauro, promosso nel 2011 dal Comune di Gubbio con la supervisione della Soprintendenza territoriale, ha dovuto tener conto di tutti questi aspetti nella ricerca di una soluzione di equilibrio.
L’intervento conservativo sul bene materiale “Cero” ha preservato indirettamente il bene immateriale “Festa dei Ceri”. Una volta alla settimana, inoltre, il cantiere di restauro è stato aperto al pubblico, con una grande partecipazione della comunità locale. Questa condivisione di saperi fra tecnici ed eugubini ha permesso a sua volta la salvaguardia, nel senso antropologico del termine, di un’intera tradizione in sé intangibile.
Il Cero, in quanto strumento d’uso della festa, è sicuramente un bene demoetnoantropologico, e come tale è anche un’opera che riveste senza dubbio un forte valore simbolico, artigianale, religioso, storico-artistico. Non si deve dunque cadere nell’errore di una rigida separazione settoriale degli oggetti della tutela, poiché segnare confini tra le differenti discipline e tipologie di beni non permette di certo una corretta lettura dell’opera nella sua complessità. In generale, è quindi auspicabile e necessario il confronto tra più figure interdisciplinari: il restauratore, l’antropologo culturale, lo storico dell’arte, gli artigiani e i portatori dei saperi locali. Consistono anche in questo le frontiere e le sfide della conservazione dei beni DEA.
Bibliografia
- Anna Luce Sicurezza, I beni culturali demoetnoantropologici. Spunti di riflessione sulla conservazione e il restauro, in «Kermes», n. 100, 2017, pp. 159-160.
- Daniel Fabre, Il duro desiderio di durare, in «Parole chiave», n. 49, 2013, pp. 31-51.
- Lo stupore e la meraviglia: i ceri di Gubbio, cronaca di un restauro, a cura di Tiziana Biganti, Perugia 2011.
- Marina Regni, Roberta Tucci, Le tambourin: instrument de musique populaire italien – utilisation, technologie, conservation, in «Coré. Conservation e restauration du patrimoine culturel», n. 4, 1998, pp. 33-36.
Con la collaborazione di Fabio Fichera, Valeria Trupiano e Leandro Ventura
Foto di Roberto Galasso, Sanio Panfili, Comune di Gubbio e Consorzio Aureo
Un ringraziamento particolare a Tiziana Biganti, Fabrizio Magnani, Matteo Morelli, Roberta Porfiri, Roberta Tucci, al Comune di Gubbio e alle ditte di restauro Ikuvium e Consorzio Aureo.