#LACULTURANONSIFERMA. PLAYGROUND: come il gioco disegna dinamiche inclusive e modifica l’uso dello spazio pubblico.
Testo di Emily Dellheim e Marianna Frattarelli
Foto di Moonchausen
Il progetto Playground, avviato all’interno del Laboratorio Formativo e di Progettazione Interculturale ArtClicks, elabora creativamente il concetto di contact zone di James Clifford, ovvero lo spazio sociale dove le culture si incontrano e si scontrano, utilizzando il patrimonio ludico delle “comunità migranti” presenti sul territorio dove il laboratorio si è svolto. Il gioco, infatti, instaura naturalmente un ponte tra le narrazioni delle tradizioni e le storie personali dei player, e al contempo offre un punto di incontro visivamente connotato: il playground.
Il progetto - finanziato dal MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo di Roma in collaborazione con ECCOM Idee per la cultura e con l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale (ICPI) - prende le forme di un “workshop di design del gioco e del playground da strada”, finalizzato alla creazione di una dinamica di gioco e all’allestimento di uno spazio dedicato all’attività ludica in strada, offrendo nuovi spunti di riflessione sull’uso dello spazio pubblico e delle pratiche sociali ad esso collegato.
Il progetto analizzava due contesti urbani e sociali diversi del Lazio con due target diversi: ad Aprilia, collaborando con il Liceo Statale Antonio Meucci e a Roma al museo MAXXI. Ad Aprilia la squadra di lavoro era formata da studenti del programma di alternanza scuola-lavoro e gli ospiti del Centro Residenziale per minori “La Pergola”, mentre a Roma si è formato un gruppo eterogeneo di giovani adulti italiani, stranieri e migranti. Il gruppo di lavoro comprendeva persone provenienti da quattro continenti che parlavano dieci lingue diverse.
L’avvio del laboratorio è stato affidato all’associazione Liscìa, che si occupa di metodologie non formali di educazione e di laboratori di partecipazione. Attraverso alcune proposte di gioco, le esperte - Cristina Gasperin e Ginevra Sammartino - hanno messo al centro il piacere, quale principio educativo che spinge naturalmente a costruire relazioni armoniose tra i partecipanti. Tema centrale del loro intervento è la costruzione del playground come spazio sacro, un temenos, che si attiva con il gioco, capace di far perdere a chiunque ne entri a far parte la sua connotazione identitaria diventando un Player, un giocatore.
I laboratori erano affiancati con le visite alla collezione del MAXXI e la mostra temporanea La Strada: dove si crea il mondo, a cura di Hou Hanru, con l’obiettivo di dare un ulteriore contributo alla lettura dello spazio “su strada” e invitando i partecipanti a guardare da un lato ad artisti e architetti (come Sol Lewitt, Labics o Aldo Rossi), che hanno lavorato sulla progettazione, modularità e good design come ispirazione per la creazione del nostro playground, e dall’altro ad analizzare i contenuti valoriali delle opere: inclusione, collettività, azioni di gruppo e interventi nello spazio che hanno un impatto sociale o politico (come le opere di Alfredo Jaar e Boa Mistura), o che riflettono sul concetto di “strada” come luogo di cambiamento e di interazione sociale (come le opere di Robin Rhode, Marinella Senatore e i Modified Social Benches di Jeppe Hein).
Grazie al coinvolgimento dell’Istituto Centrale per Il Patrimonio Immateriale e alla loro ricerca sul gioco e lo sport per il progetto “Italia dalle molte culture”, abbiamo potuto lavorare con Francesca Berti, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’Educazione dell’Università di Tübingen (Germania), con la quale sono stati indagati gli archetipi e le dinamiche ricorrenti nei giochi di strada. La sua proposta è stata incentrata sulla scoperta della varietà e della ricchezza della tradizione ludica dei vari paesi. Obiettivo del modulo era la conoscenza dei giochi tradizionali di strada come esperienza condivisa e dunque luogo di incontro tra le culture. La riflessione finale verteva, inoltre, sulla percezione dello spazio del gioco, delle sue regole e delle possibilità creative e di continua reinvenzione. Il suo intervento prevedeva l’uso di giochi di conoscenza e cooperativi e si sviluppava alternando momenti di auto-narrazione a momenti di gioco, utilizzando gli “strumenti” della tradizione ludica.
In questa cornice preparatoria alla costruzione del Playground, il collettivo di architetti “Orizzontale” ha trasformato, in chiusura del Workshop, il “campo gioco” nel gioco stesso: PLAY with GROUND è il titolo del loro intervento.
PLAY with GROUND si rifà sia alla tradizione dei giochi di strada che al mondo del design, le cui caratteristiche sono la temporaneità e la modularità, con una particolare attenzione alla riproducibilità dei suoi elementi, sopratutto delle forme geometriche elementari: cerchio, quadrato e triangolo. Grazie alla autoproduzione di elementari strumenti di misurazione - squadre, pantografi e compassi creati con pochi e semplici materiali - è stato possibile rapportarsi in modo creativo e ogni volta inedito con lo spazio. Il loro modulo ha previsto una fase di progettazione del playground, in cui i partecipanti hanno prima condiviso degli schemi grafici riferiti a giochi, tradizionali e non, e poi li hanno “montati” in un lay-out unico che è stato in seguito riprodotto all’aperto, nel cortile della scuola e in quello del museo. Il playground diviene così una cosmogonia dalla quale i player hanno fatto derivare un gioco e il suo “universo di regole”.
Ad Aprilia il playground era un grande tavolo da gioco, che modulava e rappresentava i giochi di tutti. A Roma, invece, i player al MAXXI cercavano di inventare un nuovo gioco, un ibrido dei contributi di tutti i player, modulando le regole. Lo spazio del playground, attivato nella piazza del museo, ha dimostrato di attirare e includere un pubblico interculturale e intergenerazionale: bambini, migranti e turisti tutti insieme.
I partecipanti hanno compilato un questionario con domande a risposta chiusa e aperta, all’inizio e alla fine del progetto. Alcune domande erano incentrate sul tema del gioco e altre legate alle proprie abitudini, all’uso del tempo libero, alla fruizione degli spazi pubblici della città e ai propri rapporti con i musei (dal punto di vista della conoscenza, frequenza, etc.). Le domande erano finalizzate misurare i cambiamenti tra l’inizio e la fine del progetto, catturare il MSC (Most Significant Change) (Davies e Dart, 2005), indagare sul concetto di gioco, dimostrare l’efficacia di includere il museo nel percorso del workshop, estrapolare gli effetti a lungo termine del progetto e valutare la sua sostenibilità e replicabilità. Durante i laboratori, i partecipanti hanno rilasciato interviste informali in cui sono stati incoraggiati ad esprimersi o raccontare i ricordi legati ai giochi.
Il progetto ha rivelato di aver portato un aumento di confidenza, autostima e pensiero positivo ai partecipanti nonché di avergli fatto superare le barriere delle differenze linguistiche e culturali per creare nuovo amicizie.
Playground è stato presentato a Tocatì – Festival Internazionale dei Giochi in Strada, dove è stato messo a confronto con altri progetti interculturali, offrendo l’occasione di discutere le buone pratiche nella rete territoriale.
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Per approfondimenti:
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Il workshop è coordinato da Emily Dellheim e Marianna Frattarelli, con il contributo di Giovanna Rocchi e Svetlana Antyushyna e con il supporto per la progettazione europea di Gloria Paris.
Tutor di progetto: Giulia Cardona, Project Assistant Progetto Art Clicks | MAXXI