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#ETNOMUSICOLOGIA: i CANTI DELLA PASSIONE IN SICILIA (A CURA DI GIUSEPPE GIORDANO, ETNOMUSICOLOGO)

#ETNOMUSICOLOGIA: i CANTI DELLA PASSIONE IN SICILIA (A CURA DI GIUSEPPE GIORDANO, ETNOMUSICOLOGO)

Per la rubrica di etnomusicologia a cura di Claudio Rizzoni  (etnomusioclogo, funzionario DEA - MiBACT) Giuseppe Giordano – ricercatore in etnomusicologia presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ci parla dei canti della passione in Sicilia

I materiali video proposti sono di proprietà di Giuseppe Giordano.

 

 

 

 

I canti della Passione in Sicilia

Lo scenario rituale che presenta tuttora la più estesa e intensa vitalità nel panorama siciliano è certamente costituito dal ciclo pasquale: dalla Quaresima alla Resurrezione. Le azioni che ricorrono in questo periodo, connesso come è noto all’equinozio di primavera, sono spesso il risultato di sincretismi tra canoni cristiano-cattolici e pratiche agrario-propiziatorie pre-cristiane.

I riti della Settimana Santa costituiscono un’occasione privilegiata di autorappresentazione per ciascuna comunità. Sono infatti giorni di intensa partecipazione collettiva che vedono impegnate specialmente le confraternite laicali, ma anche le associazioni e le corporazioni di mestiere. Questi gruppi, insieme alle istituzioni ecclesiastiche, si incaricano di elaborare programmi assai variegati che prevedono principalmente sfarzose processioni di simulacri e azioni drammatiche con personaggi viventi (denominate perlopiù mortori o casazze) che generalmente si pongono in continuità con la liturgia canonica, amplificandola nei contenuti ed elaborandone le forme celebrative.

Dalle rappresentazioni ambientate all’interno delle chiese ai riti che si svolgono nelle piazze o lungo le vie dei centri abitati, gli schemi cerimoniali intrecciano antiche consuetudini con pratiche di più recente introduzione, seguendo un processo di adeguamento e ri-funzionalizzazione.

Fra gli elementi che compongono la scena rituale, la musica e il canto assumono una particolare rilevanza nell’accompagnare i momenti celebrativi connessi alla Passione di Cristo: ritmi di tamburi “a lutto”, marce funebri, suoni di crepitacoli (tròcculi), squilli prolungati di trombe e canti devozionali marcano gli spazi cerimoniali e si pongono a “commento sonoro” del rito. La componente sonora della Settimana Santa trova però la sua più alta espressione nei canti in siciliano o in latino intonati durante le processioni o all’interno delle chiese, in particolar modo il Giovedì e il Venerdì Santo, giorni in cui si intensificano le occasioni rituali perlopiù di carattere paraliturgico.

I canti della Passione – denominati perlopiù lamenti, ladati o parti di la Simana – per tradizione vengono eseguiti da soli uomini (lamentatori) riuniti in gruppi corali (squatri) collegati perlopiù alle confraternite laicali, alle parrocchie o più raramente a corporazioni di mestiere. In questi ultimi anni, tuttavia, è stata rilevata anche qualche presenza femminile all’interno di alcune “squadre” di cantori. Questo interessante fenomeno, oltre a evidenziare un cambiamento di tipo stilistico nell’organizzazione stessa del canto, testimonia indubbiamente la vitalità di queste espressioni musicali e l’esigenza comunitariamente avvertita di non farle declinare, adattandole piuttosto a una concezione contemporanea della società.

In una ristretta area del Palermitano il repertorio dei canti di Passione è esclusivamente caratterizzato dallo stile monodico, sia solistico sia responsoriale, costituendo una specificità areale ben definita anche sotto il profilo storico culturale. Nelle località dove tuttora si rileva la permanenza di questo modello monodico, i canti presentano infatti alcune costanti che interessano sia le strutture poetiche sia gli stili esecutivi così come i contesti rituali entro cui vengono tradizionalmente eseguiti (esecuzioni itineranti notturne). Questi riti musicali, soprattutto nel passato, avevano la specifica funzione di “raccogliere” i membri delle confraternite laicali alle celebrazioni che di norma si svolgevano nelle prime ore del giorno seguente. D’altronde il modello della cosiddetta “chiamata rituale” è attestato per il passato anche per altre celebrazioni festive nella medesima area di riferimento.

In una estesa area dell’isola prevale invece il modello di canto polivocale la cui presenza è tuttavia più intensa nella parte centro-orientale. Questo specifico modo di canto presenta una struttura comune a quella del canto cosiddetto “ad accordo”, dove una voce solista intona per intero il testo verbale e le altre voci (che possono variare da una a quattro) realizzano sequenze accordali soprattutto in prossimità delle cadenze intermedie e finali. La voce principale di solito è detta prima e le altre vengono normalmente denominate secunna, terza, bassu. Talvolta è presente anche una voce acuta, solitamente all’ottava superiore rispetto al basso, di norma chiamata falsittu, sbigghiarinu, supravuci o schìgghia, a seconda delle località. La prima e il falsittu vengono eseguiti da singoli cantori, mentre le altre parti vocali possono essere anche raddoppiate.

Lo studio di questo repertorio musicale ha portato in alcuni casi a individuare rapporti con la tecnica del falsobordone, documentata nella musica scritta già a partire dal XV secolo ma riconducibile a prassi esecutive tradizionali ancora più antiche. Di norma in questo genere di repertorio la struttura musicale risulta fondata su segmenti melodici di senso compiuto che assumono una certa autonomia rispetto alla struttura del testo verbale, e quasi mai il verso musicale coincide con quello testuale. In altri casi i modelli di canto in uso durante la Settimana Santa si pongono in stretto rapporto con gli stili vocali che caratterizzavano soprattutto il mondo contadino o quello di altre categorie di mestiere (per esempio quello degli zolfatari o dei carrettieri).

Il repertorio polivocale accoglie testi verbali sia in siciliano sia in latino, questi ultimi provenienti da fonti liturgiche (inni, sequenze, salmi, versetti evangelici). La presenza di brani in latino farebbe presupporre, per il passato, un impiego degli stessi anche in contesti liturgici “canonici” (così come è ancora oggi osservabile presso alcuni centri siciliani). Fra i testi in latino figurano soprattutto lo Stabat Mater, il Popule meus, il Miserere, il Vexilla regis, l’Ecce lignum crucis. I cantori quasi mai eseguono integralmente il testo in latino, limitandosi di norma a intonare pochi versi iniziali ed eventualmente a ripeterli di volta in volta durante le processioni o nei momenti prestabiliti dalla tradizione locale. Sebbene la maggior parte di essi non comprenda appieno il testo latino (tra l’altro ampiamente modificato nella pronuncia popolare), i cantori riescono tuttavia a coglierne il significato più intimo, il senso più profondo, associando per tradizione ciascun brano a un momento preciso del rituale (l’incontro del Cristo con la Madre, l’arrivo al Calvario, la morte sulla Croce, ecc.).

I canti in siciliano invece hanno un carattere spiccatamente narrativo e sono perlopiù incentrati sul dolore di Maria che va in cerca del figlio condannato a morte. Quasi mai i testi verbali dei canti di Passione in siciliano evocano i sentimenti del Cristo condannato a morte. Ampio e invece l’uso di testi poetici che richiamano le sofferenze della Madre, esplicitate attraverso espressioni fortemente cariche di enfasi e di partecipato dolore.

Il canto tradizionale si pone dunque quale strumento privilegiato di compartecipazione individuale o comunitaria al dolore di Maria per la sorte del figlio condannato a morte. Non a caso le varie rappresentazioni rituali dell’incontro fra Cristo e sua madre (la cosiddetta spartenza), che tuttora si svolgono in città e paesi siciliani soprattutto la mattina del Venerdì Santo, sono sempre marcate dal canto tradizionale delle confraternite o di altri gruppi di cantori del luogo.

È attraverso il canto accorato che la comunità manifesta anzitutto sentimenti di cordoglio a Maria e al contempo abbraccia simbolicamente colui che si avvia alla morte, rinnovando così il legame con il divino e favorendo il rituale processo catartico di rinascita comunitaria che culminerà nella Domenica di Pasqua.

 

 

Esempi video:

 

115%;">Nel video sono contenuti quattro esempi relativi ad altrettante località in cui i riti della Settimana Santa presentano un particolare interesse soprattutto sotto il profilo etnomusicologico:

A Mussomeli, centro in provincia di Caltanissetta, la presenza di cinque nutriti gruppi di cantori che intervengono durante le processioni del Giovedì e del Venerdì Santo evidenzia una spiccata vitalità che investe tanto la dimensione rituale quanto quella musicale. Ciascun gruppo è connesso a una confraternita e nel corso della processione si posiziona dinanzi al fercolo di riferimento, indossando il proprio abito confraternale. In questo paese il repertorio polivocale dei canti di Passione è costituito esclusivamente da brani con testi in latino.

A Riesi, piccolo centro della provincia di Caltanissetta, nella notte fra il Giovedì e il Venerdì Santo il simulacro dell’Addolorata è portato in processione per l’intero paese, fra continui spari di castagnole disposte su strisce di polvere da sparo realizzate su richiesta dei devoti ai bordi delle strade, al passaggio della processione. La polvere da sparo e le esplosioni richiamano la memoria di una comunità di ex minatori che giorno per giorno sfidava la morte nelle miniere di zolfo della zona. Nel simulacro dell’Addolorata che va in cerca del Cristo condannato a morte ciascun riesino rivede l’immagine di una madre che disperata va alla ricerca del figlio dopo una delle tante catastrofi avvenute nelle miniere. Il canto accorato a la surfarara (al modo degli zolfatari) marca il tempo del lutto, accompagnando il simulacro del Cristo morto verso la sepoltura.

A Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, diversi gruppi di cantori, non strettamente legati a confraternite, cantano la Visilla (denominazione locale dell’inno liturgico Vexilla Regis) durante la lunga processione del Venerdì Santo. Ogni gruppo si posiziona dietro ciascuna delle varette (fercoli processionali su cui sono collocati gruppi statuari rappresentanti scene della Passione) sonorizzando gli spazi urbani toccati dalla processione.

A Pietraperzia, paese della Sicilia centrale in provincia di Enna, il canto delle lamintanze fa da sfondo, insieme alla banda musicale, alla solenne processione del Signuri di li fasci (Signore delle fasce), un Crocifisso fissato su un globo all’estremità di un’alta asta in legno (àrbulu) innestata su una macchina processionale portata a spalla dai circa ottanta confrati. Dal Cristo pendono centinaia di lunghi nastri bianchi (fasci) le cui estremità inferiori vengono sorrette dai fedeli, nell’intento di istituire un contatto fisico con il simulacro. Il gruppo dei cantori, in abiti confraternali, si posiziona dinanzi al fercolo processionale, rievocando i momenti della Passione di Cristo per mezzo di versi in siciliano intonati in forma responsoriale fra un solista che espone per intero il testo poetico e il coro che interviene all’unisono nelle cadenze intermedie e conclusive.

Bibliografia

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BUTTITTA, Antonino

1978 Pasqua in Sicilia, con fotografie di Melo Minnella, Grafindustria, Palermo.

GAROFALO, Girolamo e Elsa GUGGINO

1993 (a cura di), Sicily. Music of the Holy Week, CD, Auvidis-Unesco, D 8210, con libretto allegato.

GIORDANO, Giuseppe

2016 Tradizioni musicali fra liturgia e devozione popolare in Sicilia, Edizioni Museo Pasqualino, Palermo, con 2 CD allegati.

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GUGGINO, Elsa e Ignazio MACCHIARELLA

1987 (a cura di), La Settimana Santa in Sicilia, disco Albatros VPA 8490, Milano, con libretto allegato.

MACCHIARELLA, Ignazio

1993 I Canti della Settimana Santa in Sicilia, Folkstudio, Palermo.

1995 Il falsobordone fra tradizione orale e scritta, Libreria Musicale Italiana, Lucca.

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