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Etnomusicologia: L’Ottava Rima

Etnomusicologia: L’Ottava Rima

Testo e presentazione video di Gianluca Chelini, dottorando in etnomusicologia presso l’Università di Roma La Sapienza. 

Rubrica "Etnomusicologia", a cura di Claudio Rizzoni (Demoetnoantropologo - MiBACT) 

 

Ad unire tra loro tradizioni musicali distanti come il canto a chitarra sardo, il blues delle origini, il rap freestyle e l’ayay cambogiano è almeno una caratteristica: tutte e quattro, così come innumerevoli altre, prevedono l’esecuzione cantata di versi poetici improvvisati. Una delle tradizioni italiane di poesia estemporanea più vitali e diffuse è l’Ottava Rima, consistente nell’esecuzione cantata estemporanea di una strofa poetica corrispondente a quella che, in metrica, è definita Ottava Toscana, costituita da otto versi endecasillabi che seguono lo schema rimico A-B-A-B-A-B-C-C. L’attuale area di diffusione dell’ottava comprende un ampio settore dell’Italia centrale, soprattutto la Toscana, il Lazio e l’Abruzzo.
Oggi si possono distinguere due differenti tipologie di occasioni in cui questa pratica musicale ha luogo: le rassegne e le gare organizzate in tutto l’areale dell’ottava in cui la tradizione è spettacolarizzata e i poeti si esibiscono su un palco di fronte ad un pubblico; le occasioni informali e conviviali che mettono insieme due o più poeti, che usano l’improvvisazione in ottava come sorta di “gioco” comunitario.

La struttura strofica dell’Ottava Toscana e il suo legame con il canto, devono essere fatti risalire almeno al XIV secolo, periodo in cui tale struttura fu utilizzata non solo dal Boccaccio per alcuni suoi poemetti, ma anche da una serie di poeti, per lo più anonimi, per la composizione di cantari, un genere poetico che, come facilmente intuibile dal nome, prevedevano un’esecuzione pubblica nella forma della recitazione cantata. Come in qualsiasi forma di performance, è verosimile che anche nella recitazione dei cantari esistesse un certo grado di improvvisazione; quello che è certo è che la pratica di comporre all’improvviso i versi era pratica diffusa nel mondo cortese già alla fine del ‘500 e nei primi anni del ‘600. A testimoniarlo è, tra le altre cose, l’inclusione nel 1620 di un’Aria per Cantare Ottave nella raccolta Le Terze Musiche del nobile senese Claudio Saracini (Consultabile al link http://www.aporie.it/l-intonazione-musicale/arie-tratte-da-fonti-seicentesche.html). Si tratta di un modello musicale che il compositore offriva come base a coloro che volessero cimentarsi nell’improvvisazione delle ottave nei consessi cortesi. Già in questa stampa è possibile notare almeno due elementi musicali che, ancora oggi, risultano caratterizzare il linguaggio musicale dell’improvvisazione in ottava.

1) Melodia sillabica per lo più omoritmica con prolungamento delle note corrispondenti agli accenti forti del verso poetico e della nota conclusiva di ogni verso.
2) Forma binaria della strofa musicale: la struttura poetica di otto versi è suddivisa musicalmente in due quartine tra loro uguali.

Questi due aspetti ricorrenti sono il fondamento del meccanismo improvvisativo dell’ottava: da una parte la melodia del singolo verso funziona da sfondo metrico-ritmico che il poeta deve ricalcare attraverso gli accenti delle parole; dall’altra la singola quartina funziona da unità tematica per l’argomentazione poetica, cosicché il poeta “semplifica” il proprio lavoro creativo ad una successione di quattro versi, e non di otto.
La centralità della dimensione musicale nel meccanismo improvvisativo, dell’Ottava Improvvisata come di altre pratiche, è di estremo interesse perché ci indica il ruolo della musica come strumento di organizzazione del pensiero, ricordandoci la necessità sottolineata dagli etnomusicologi di considerare l’homo sapiens sapiens come un essere vivente “sonoramente organizzato”, capace cioè di utilizzare aspetti musicali (ritmo, metro, timbro) come fonte di informazione per le proprie attività sociali e culturali.

Riferimenti bibliografici

Agamennone, Maurizio
1986, “Cantar l’ottava”, in Giovanni Kezich, I poeti contadini, Roma, Bulzoni

Agamennone, Maurizio – Giannattasio, Francesco (a cura)
2002, Sul verso cantato. La poesia orale in una prospettiva etnomusicologica, Padova, Il Poligrafico

Giannattasio, Francesco,
1992, Il concetto di musica, Roma, Bulzoni.

Kezich, Giovanni
2007, “Il cantare estemporaneo”, in Michelangelo Picone e Luisa Rubini (a cura), Il cantare italiano tra folklore e letteratura, Firenze, Olschki: 29-44.

Per una bibliografia dettagliata si rimanda alla sezione “bibliografia” del portale www.aporie.it  

 

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