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#LACULTURANONSIFERMA #VISIONIDAITERRITORI: SAN GENNARO E I BUSTI ARGENTEI DEI COMPATRONI DI NAPOLI A CURA DI VALENTINA SANTONICO (DEMOETNOANTROPOLOGA - MIBACT)

#LACULTURANONSIFERMA #VISIONIDAITERRITORI: SAN GENNARO E I BUSTI ARGENTEI DEI COMPATRONI DI NAPOLI A CURA DI VALENTINA SANTONICO (DEMOETNOANTROPOLOGA - MIBACT)

Contributo SABAP – NA per l’Istituto Centrale per il Patrimonio Immateriale - campagna MiBACT #laculturanonsiferma

I busti argentei dei Santi compatroni di Napoli. Poliedricità delle esigenze di salvaguardia: un’esperienza positiva.

 

 

Il contesto

Nel sabato che precede la prima domenica di maggio cade la prima delle ricorrenze annuali dedicate a San Gennaro a Napoli. Delle tre occasioni riservate alla commemorazione delle vicende che riguardano il Santo Patrono, questa è sicuramente la più sentita, la più partecipata e la più articolata. Celebrata per ricordare la prima traslazione delle reliquie di San Gennaro, l’evento vede, oltre alla partecipazione di una nutritissima folla di fedeli, quella delle autorità civili e religiose rappresentate nelle loro più alte cariche: il Cardinale per l’Arcidiocesi e il Sindaco per la Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro, i cui componenti sono da secoli i custodi riconosciuti della sua storia e dei beni ad essa connessi, tra cui il sangue stesso e i preziosissimi oggetti che compongono il corredo del Santo, donati in segno di devozione nei secoli.

In questa occasione viene svolto anche un corteo processionale il cui itinerario parte dal Duomo per arrivare a Santa Chiara, dove ha luogo una solenne celebrazione che culmina con lo scioglimento del sangue nelle ampolle. Nel suo annuale viaggio tra le strade del centro di Napoli, il busto dorato del Santo viene accompagnato da quelli argentei dei compatroni. Se ne contano 54, donati nel tempo da corporazionio dalla popolazione afferente a determinate parrocchie o quartieri esposti al culto sulle mensole della Cappella del Tesoro, delle sacrestie retrostanti ed ammirati nelle sale dell’adiacente Museo del Tesoro di San Gennaro. I più antichi risalgono al XVI secolo, l’ultimo è quello di Santa Giovanna Antida del 2009 a conferma della continuità e della persistenza che tale pratica cultuale ancora riveste nella città.

Ogni anno, in base alle richieste pervenute dalle parrocchie e dalle congregazioni o a rotazione, vengono scelti circa 20 busti per essere portati a spalla in processione da squadre di portatori che non necessariamente sono composte da cittadini napoletani, ma che possono arrivare anche da altre realtà italiane, come per il busto di Sant’Emidio, patrono di Ascoli Piceno. L’uscita dei “santi” in processione è un evento straordinario, che ha dato anche luogo alla nascita di un antico detto ancora oggi pronunciato alla comparsa di persone che si mostrano assai poco in giro: "... so' asciute 'e statue 'a dint' 'o vescovato!".

Il progetto

L’interevento portato avanti dalla Soprintendenza ABAP per il Comune di Napoli nel 2019 riguarda proprio i santi compatroni e le attività di preparazione che li vedono coinvolti come protagonisti, a latere della figura prevalente e dominante di San Gennaro, ma non per questo percepiti come secondari dai propri devoti. A ben guardare, lo stesso San Gennaro rivestirebbe il ruolo di compatrono, poiché la prima Patrona della città è Santa Maria Assunta, titolare anche del Duomo.

Nell’ambito del proficuo rapporto di collaborazione instauratosi con la Deputazione della Cappella del Tesoro di San Gennaro, la Soprintendenza ABAP per il Comune di Napoli ha proposto ed avviato una serie di iniziative tese a promuovere la tutela e la valorizzazione della manifestazione religiosa, parallelamente all’inizio di un organico programma di manutenzione delle sculture portate in processione.

Il progetto ha posto in essere un interessante laboratorio basato sullo scambio di pratiche e conoscenze tra i vari attori coinvolti, offrendo una occasione di riflessione interdisciplinare sul modo di intendere la tutela e la valorizzazione di un patrimonio culturale che si manifesta come vario e multiforme nei suoi riferimenti.

L’attività di tutela è stata portata avanti in due fasi: quella imprescindibile del restauro di alcuni busti, che nel corso del tempo avevano subito urti, rotture e ossidazione dovuta sia alla reazione del metallo con gli agenti chimici presenti nell’aria, che al contatto con la pelle delle mani e quella, altrettanto fondamentale, della in-formazione del gruppo di movimentatori. Il venerdì che precede il sabato interessato dalle celebrazioni, prima che iniziassero le operazioni di spostamento ed esposizione dei busti all’interno della navata laterale, è stato svolto un breve corso rivolto ai movimentatori i cui contenuti hanno spaziato dalla storia della devozione della città al proprio Santo Patrono, alla storia dell’arte e alla descrizione dei fattori di degrado dei manufatti. Scopo dell’iniziativa è stato quello di suggerire e concordare strategie di interazione con i busti al fine di prevenire eventuali danni attraverso il riconoscimento del ruolo attivo dei movimentatori e della loro posizione di portatori di un sapere informale ma, ora, ufficialmente riconosciuto.

La tutela di beni su cui vengono a convergere molteplici interessi culturali richiede, infatti, la costruzione di una metodologia di salvaguardia che tenga conto della loro specifica e polivalente natura. Oltre alla necessità di tutelare la loro componente materiale è fondamentale tener conto anche della loro funzione, del loro significato simbolico e delle occasioni in cui essi assumono il ruolo di oggetti significanti, elementi attivi all’interno di specifici contesti. Nel laboratorio si è quindi voluto riconoscere formalmente tutti questi aspetti cercando una soluzione di equilibrio tra esigenze diverse, ma complementari.

Considerazioni

La prospettiva antropologica si è rivelata preziosa in questa occasione come forma di mediazione tra saperi e pratiche di differente natura. Da un lato la necessità della tutela - dettata dal Codice dei Beni Culturali e abitualmente intesa come prevalente su qualsiasi altra forma di intervento - ha reso necessaria un’operazione di restauro, consolidamento strutturale e pulitura dei busti, ma nella circostanza specifica essa è stata armonizzata e integrata con le numerose altre esigenze a cui questi beni rispondono. Ad esempio, si è tenuta nella opportuna considerazione la necessità di rendere accessibili le sculture, garantendo le operazioni di movimentazione nella loro tradizionale modalità di svolgimento, facendo un passo indietro rispetto alla proposta, avanzata da parte dei tecnici, di utilizzo di strumenti meccanici che garantirebbero una maggiore sicurezza degli ambienti, dei busti argentei e delle persone che li maneggiano, ma impedirebbero per contro il soddisfacimento delle istanze devozionali, espresse attraverso l’offerta della propria fatica (alcuni busti arrivano a pesare oltre i 150 chili e sono spesso posizionati su mensole e nicchie difficili da raggiungere).Istanze, queste, che contribuiscono ad accrescere il valore patrimoniale di questo “rituale di preparazione”, il cui riconoscimento ha permesso di lasciare spazio all’espressione di pratiche e competenze non attuabili in un contesto diverso da quello consueto, la cui garanzia di continuità è stata ottenuta bilanciando le necessità di tutela con le esigenze della comunità di pratica.

Al progetto hanno partecipato per la SABAP Comune di Napoli la dott.ssa Laura Giusti (Funzionario Storico dell’Arte), la dott.ssa Annunziata D’Alconzo (Funzionario Restauratore), la dott.ssa Valentina Santonico (Funzionario Demoetnoantropologo) e il dott. Stefano Moscatelli (ALES).

Si ringrazia la Deputazione del Tesoro di San Gennaro, la sua Responsabile delle Attività culturali, dott.ssa Luciana De Maria, il dott. Massimiliano Massera che ha effettuato gli interventi di restauro e la squadra di movimentatori.

Bibliografia di riferimento

- AA.VV. (1958), “Devozione”, in Enciclopedia universale dell'arte vol.4, Istituto per la collaborazione culturale, Firenze, pp. 289-306.

- Boggio M., Lombardi Satriani L. M. (2014), San Gennaro. Viaggio nell’identità napoletana, Armando editore, Roma.

- Bravo G. L., Tucci R. (2006), I beni culturali demoetnoantropologici, Carocci, Roma.

- Cirese A. M. (2002), Beni immateriali o beni inoggettuali?, in “Antropologia Museale”, 1, pp. 66-69.

- Scovazzi T. et alii, (2011), Il patrimonio culturale intangibile nelle sue diverse dimensioni, Giuffre’, Milano.

- Strazzullo F. (2008), San Gennaro “defensor civitatis” e il voto del 1527, Cappella del Tesoro di San Gennaro, Napoli.

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